mercoledì 30 dicembre 2015

La danza macabra di Scientology - cap. 9

Gli illustri giuristi - seconda parte

(Continua dalla prima parte)

In merito all'obbligo di valutare la natura religiosa di Scientology (attenendosi ai parametri "riconoscimento pubblico", "statuto" e "comune considerazione"), imposto dalla Cassazione alla Corte di Appello, così scrive G. Casuscelli:
La sentenza della Corte di Cassazione 9 febbraio 1995, dunque, ha formulato il principio vincolante per il giudice di rinvio sulla base di una affermazione della Consulta che costituisce un mero obiter dictum [un detto incidentale che non ha qualità di vincolo – ndr] ("Ancora sulla nozione di confessione religiosa", op. cit., pag. 819).
Come per Dodaro (visto nel capitolo precedente), anche per Casuscelli quell'imposizione è stata uno sbaglio. Ma oltre a ciò, per i giuristi la Cassazione ha sbagliato anche nell'interpretazione di quei tre parametri.

Iniziamo dal "riconoscimento pubblico". La Corte Suprema ha corretto, estendendolo, il significato di "riconoscimento pubblico" a cui si era attenuta la Corte d'Appello. Questo il giudizio di Colaianni in "La via giudiziaria alla religiosità" (op. cit.):
La validità di questa interpretazione estensiva appare forzata e francamente contraddittoria [...]
Ma ciò non giustifica una forzatura dei termini, adoperati dalla Corte costituzionale in maniera certamente non casuale (pag. 399)
Questa forzatura operata dalla Cassazione viene rilevata anche da Formica:
Se si aggiunge la possibilità che i pubblici riconoscimenti possano concretizzarsi anche nell'opinione dei medesimi adepti, la strada per il rilievo della autoreferenzialità è certamente ben aperta. ("L'art. 416 cp. e le confessioni religiose", op. cit., pag. 658)
Questo perché se anche l'opinione che di una formazione hanno i suoi stessi adepti "può costituire pubblico riconoscimento di religiosità, l'autoqualifica, che si formalizza pure nello statuto, parrebbe avere ormai raggiunto il traguardo della sufficienza probatoria" (ibid.) e all'azienda produttrice di lampadari basterebbe autoqualificarsi come religione per godere dei benefici fiscali riservati alle confessioni religiose (benefici ingiusti in uno Stato laico [1]).

Per evitare questi abusi, l'autoreferenzialità viene esclusa da tre autorevoli pronunciamenti. Uno è del Parlamento Europeo, che con la risoluzione del 29 febbraio 1996 "invita i governi degli Stati membri a non rendere automatica la concessione dello statuto religioso". Gli altri due, entrambi della Corte Costituzionale, li ricorda Formica in "Scientology e l’accusa di associazione per delinquere: brevi riflessioni sulla giurisprudenza della Corte di Cassazione" (L’indice penale, 1998, pp. 709-737):
Se, ai fini della qualifica religiosa, la valutazione dello statuto di una formazione associativa, come sembra dire la Corte, non può che essere letterale e se […] gli indici enucleati possono essere anche da soli sufficientemente significativi, ne discende, sostanzialmente, l'avallo per un criterio autoreferenziale. [...]
Non può, tuttavia, tacersi che il canone autoreferenziale,
[...] trova esplicito rigetto nelle sentenze costituzionali n. 467/1992 e n. 195/1993 con le quali la Corte di Cassazione dichiara esplicitamente di essere solidale. (pp. 724-5)
Non è solo M. Formica ad accusare la Cassazione di "contraddittorietà": anche Colaianni definisce "contraddittorio" (2) il pronunciamento della Suprema Corte. Una stroncatura che viene formulata riguardo all'interpretazione fatta dalla Cassazione in merito a un altro parametro: l'autoqualifica di religione contenuta nello statuto. In "Caso Scientology: Associazione religiosa o criminale?" (op. cit.) anche per questo parametro Colaianni ne rileva un'interpretazione scorretta da parte della Cassazione:
si attribuisce quindi decisiva rilevanza ad un'autoqualificazione. [...] Ma tale autoqualificazione non può far stato a livello probatorio e ben è dato all'autorità giudiziaria il potere di contestarla, provando la valenza penale dell'attività associativa in concreto svolta dalla formazione sociale sedicente religiosa [...]
La Cassazione finisce invece per dare rilevanza determinante all'elemento formale dello statuto (pp. 697-8)
Nell'articolo successivo ("La via giudiziaria alla religiosità", op. cit.), Colaianni ribadisce questa censura:
L'autoqualificazione statutaria è assunta così ad «indice sicuro» della religiosità (pag. 397)
Da cui ne deriva che - secondo la Cassazione - dovremmo riconoscere come religiosa qualunque associazione il cui statuto dica di esserlo. Il che in uno Stato laico sarebbe anche corretto, purché dalla religiosità non discendano privilegi economici o di altro genere. Ed invece, come abbiamo visto nel capitolo precedente, da questa autoqualificazione la Cassazione ne desume in modo automatico la non punibilità per il reato di associazione a delinquere.

Rispetto al ragionamento della Cassazione, appare molto più convincente anche a chi non è giurista, la critica di Ravenna in "Confessione religiosa e associazione a delinquere" (op.cit.):
La qualificazione dell'ente non è sottratta alla valutazione della sua reale natura. [...] Ciò dovrà essere fatto alla stregua della reale natura dell'ente e dell'attività in concreto esercitata, non potendosi ritenere, in conformità al principio già enunciato dalla Cassazione per altri tipi di enti non commerciali, che un'associazione sia arbitra della propria tassabilità. (pag. 748)
L'interpretazione formale dello statuto seguita dalla Cassazione, anche secondo Ravenna non è condivisibile. Il giurista rileva - per l'ennesima volta - l'insensatezza della presunta inconciliabilità tra associazione religiosa e associazione a delinquere, mostrando l'assurdità in cui cade la Cassazione attenendosi all'elemento formale dello statuto:
Questa sopravvalutazione del contenuto dello statuto non è condivisibile [...] Quest'ultimo, in realtà, essendo elaborato dalla stessa compagine che lo adotta , non può garantire sulla veridicità degli scopi dichiarati, potendo questi essere solo simulati. Diverso peso ha invece l'attività posta effettivamente in essere dalla formazione sociale (o, comunque, dagli appartenenti ad essa) che deve essere l'unico elemento di valutazione del giudice penale. D'altronde appare improbabile che coloro i quali abbiano l'intendimento di perseguire finalità criminose decidano di proclamare pubblicamente questo loro proposito manifestandolo in uno statuto. (ibid., pag. 771)
Una considerazione, quest'ultima, di una logica talmente elementare da risultare banale.

Sullo stesso tono il commento di Cardia in "Religione (libertà di)" (op. cit):
è da escludere che pratiche psicoterapeutiche, o di cultura fisica e medicamentosa, [...] vengano valutate come riti religiosi soltanto in ragione delle asserzioni statutarie o dei responsabili dell'ente. [...] C'è anche da dubitare che, in assenza di apprezzabili ragioni, si possa riconoscere la qualifica di ministri di culto (con tutte le conseguenza che ne derivano) a soggetti che svolgono una mera funzione burocratica o manageriale all'interno dell'organizzazione. (pag. 936)
Queste, in estrema sintesi, le censure formulate da giuristi che, al contrario di quelli evocati dalla propaganda di Scientology, possono definirsi illustri e, soprattutto, realmente esistenti.

In questo post non vengono riportate critiche alla sentenza con cui la Corte d'Appello del 1993 ha condannato 70 scientologi (condanne divenute definitive con la sola esclusione dell'art. 416 c.p.), per il semplice motivo che non ve ne sono. O almeno, chi scrive non ne ha trovate. Per cui vedere studiosi sproloquiare di "illustri giuristi che erano dietro le quinte", i quali avrebbero "confermato una regia non trasparente dietro quel processo", non può che apparire sconsolante, perché dimostra che a dispetto dei fatti e della ragionevolezza, anche uno studioso può rimanere aggrappato a un pregiudizio come la cozza allo scoglio. E per difendere quel pregiudizio, funzionale alla propria ideologia, non esita a fare suo uno slogan propagandistico e a invocare il più ottuso complottismo.

Una precisazione: quando nel capitolo precedente ho scritto di unanimità dei giuristi nel commentare negativamente il pronunciamento della Corte Suprema, non stavo esprimendo una valutazione personale. Nel capitolo Il caso della Chiesa di Scientology, in "Diritto e religione. Tra passato e futuro", Aracne editrice, pp. 385-442), N. Gimelli scrive:
La decisione in questione è stata oggetto di critica da parte della dottrina, la quale concorda nel ritenere che in virtù del principio di laicità dello Stato [...]
La "decisione in questione" viene criticata dalla "dottrina", ossia l'insieme delle interpretazioni che gli studiosi del diritto fanno dell'argomento in oggetto.

Ho impiegato mesi per preparare questi ultimi due capitoli. La bibliografia utilizzata ne rende evidente il motivo (3). Così come mi pare evidente il discredito che fa ricadere su di sé lo studioso che definisce Scientology vittima di "un processo non equo". Ancora più deprimente è che giustifichi il riportare questo commento da portinaia con un "io non sono al corrente nei dettagli delle sentenze" e conclude con un ancor peggiore "verificare le differenze tra quella in primo grado oppure quella successiva o quella della Cassazione vorrebbe dire per me avventurarmi in un ginepraio senza fine dal quale non verrei fuori". Fatta da uno studioso, questa ammissione è sconcertante: tutti noi abbiamo il diritto di ricevere informazioni corrette, mentre chi si presenta come studioso ha l'obbligo di non propinarci delle fandonie; per cui è imprescindibile per uno "studioso" documentarsi prima di parlare. Se per pigrizia o incapacità non si documenta, ne consegue che non sa di cosa parla. Con quella ammissione, dimostra di non essere uno studioso, ma un ciarlatano o, come si direbbe al bar, un cazzaro.

Le manovre oscure

Nella scelta compiuta dagli adepti (e apologeti) di Scientology, di prospettare un'anomalia giudiziaria per giustificare la celebrazione del processo, c'è un risvolto ironico, derivante dall'indebito protagonismo della Corte di Cassazione, la quale ha travalicato il proprio ruolo, configurando una evidente anomalia.

Scrive N. Gimelli in "Diritto e religione. Tra passato e futuro" (op. cit.):
Questa decisione [la sentenza del terzo appello] rappresenta secondo una corrente dottrinale il «segnale di resa» del giudice di merito rispetto alle rivendicazioni di un ruolo sostanziale di cui l’organo di legittimità si è ritenuto depositario (qui)
Un "ruolo sostanziale" (e non di controllo) che il giudice di merito, ossia la Corte d'Appello che per la terza volta è stata investita della questione, si è premurata di mettere in chiaro:
La presente sentenza è stata in larga parte già scritta dalle due decisioni della Cassazione [...] la Cassazione, dopo due annullamenti, ha indicato percorsi vincolati a esito scontato
chiarendo in questo modo di aver potuto unicamente ratificare una decisione già presa dalla Cassazione, la quale ha quindi assunto il ruolo che non le appartiene di giudice di merito.

In precedenza, in attesa della terza sentenza d’appello, anche la giurista L. Castra scriveva:
l’esito sembra scontato, data la chiara tendenza della Cassazione ad attribuire natura di Chiesa a Scientology, e lo scarso "spazio di manovra" lasciato questa volta ai giudici d’appello di Milano. (da "Osservazioni sulla natura di Scientology", in Diritto ecclesiastico, 1998, II, pp. 609 - 622) (pag. 615)
C'è poi Ravenna ("Confessioni religiose e associazioni per delinquere", op. cit.), che dopo aver confutato svariati enunciati della Suprema Corte, si sorprende per il "puntiglio della Cassazione" nell'esaminare l'applicabilità del reato di associazione a delinquere, e rileva come "in altre occasioni, la stessa Corte è sembrata meno scrupolosa nell'individuare gli elementi sufficienti ad integrare" tale reato (pag. 776).

A questo punto, volendo considerare l'ipotesi dell'esistenza di una trama nascosta che avrebbe eterodiretto il sistema giudiziario per forzarlo al fine di ottenere "un processo non equo", dobbiamo registrare tre elementi relativi l'operato della Cassazione:
  1. lo sproposito dell'incompatibilità tra associazione religiosa e associazione a delinquere;
  2. le forzature nell'interpretazione dei tre parametri proposti dalla Consulta;
  3. i "percorsi vincolati a esito scontato" a cui ha costretto la Corte d'Appello.
Da questo non ne risulterebbe un complotto contro Scientology, bensì a suo favore. Un "un processo non equo" raggiunto a dispetto di dottrina e ragionevolezza dalla Corte Suprema, la quale ha forzato i pronunciamenti della Consulta, le norme del Codice penale, il buonsenso, e ha oltrepassato le proprie competenze.

Fesserie complottistiche a parte, se davvero il processo non fu equo, l'arbitrio non si realizzò in una persecuzione giudiziaria, bensì nell'assoluzione dal reato di cui all'art. 416 c.p. di imputati riconosciuti colpevoli anche dalla Cassazione stessa (4).

Il processo a una religione scomoda

Chiarito in quale misura la Cassazione è intervenuta in favore di Scientology, è possibile rispondere a quei giornalisti, studiosi di NMR e adepti di Scientology che sostengono che con il processo di Milano si è voluto colpire Scientology in quanto religione minoritaria. A tal fine userò proprio la sentenza di Cassazione così filo-Scientology e tanto cara a Camillo Maffia:
appare evidente che le doglianze dei ricorrenti, secondo cui il procedimento penale in questione sarebbe stato iniziato "per processare una religione diversa da quelle ufficiali", sono totalmente destituite di fondamento (Sentenza n° 5838 del 9.2.1995, pag. 538)
E usando sempre la medesima sentenza, si può rispondere a quegli stessi giornalisti e studiosi di NMR che presentano Scientology come la vittima innocente di una ingiustificata campagna d'odio orchestrata, sostiene sempre Camillo Maffia, da un complotto comunista:
Né è sostenibile che tali fatti non integrano gli estremi della truffa, solo perché qualunque religione ha il diritto, costituzionalmente garantito, di promettere ai suoi adepti - i quali rispettano determinati riti - risultati mirabolanti; come si è, infatti, precisato trattando il problema della religiosità di Scientology, qualunque confessione religiosa può, nel nostro Paese, promettere alla gente anche cose irrealizzabili o delle quali non v'è prova che possano realizzarsi senza commettere alcun reato; ma se tale promessa costituisce il mezzo o rectius l'artifizio o il raggiro - per ottenere un vantaggio patrimoniale in favore di chi l'ha fatta, o della sua chiesa - quale che essa sia sussistono gli estremi del reato di truffa (ibid.)
Abbiamo quindi degli antisette (sedicenti esperti) che, forti della loro incompetenza e preconcetti, diffondono allarmi ingiustificati e criminalizzano degli innocenti con accuse false. E abbiamo degli apologeti delle sette (sedicenti esperti) che, forti della loro incompetenza e preconcetti, diffondono falsità e insensate teorie del complotto. Entrambi gli schieramenti vogliono salire in cattedra per insegnare a cittadini e istituzioni dove stanno il bene e il male. Benché si tratti di due fazioni contrapposte è difficile scorgere differenze, dato che pregiudizio, faziosità, faciloneria, fanatismo e arroganza sembrano essere prerogative equamente distribuite.

Per cui, se davanti alle affermazioni degli esperti è buona abitudine esercitare un sano scetticismo e cercare le verifiche, quando si tratta di esperti ideologizzati la fregatura dobbiamo darla come probabile. Se vi sembra un'esagerazione e preferite sospendere il giudizio sugli esempi portati in questo e nei precedenti post perché inerenti una materia di cui in pochi saranno preparati, riporto un paio di casi inerenti un argomento di cui un po' tutti abbiamo un'infarinatura: l'evoluzionismo, una delle più note teorie scientifiche.

Iniziamo dal prof. Zichichi il cui giudizio, provenendo da uno scienziato che discute di scienza, può apparire meritevole di attenzione. Nel libro "Perché io credo in colui che ha fatto il mondo" (Il Saggiatore, 1999), Zichichi sostiene che l'evoluzionismo non è una teoria scientifica perché non è espressa da una equazione matematica, per cui è una teoria che va cestinata e dimenticata. La cosa interessante è che il libro è del 1999, e "l'equazione matematica" - come la chiama lui - c'è dal 1908, 90 anni prima che lui scrivesse il libro. Si chiama legge di Hardi-Weiberg ed è una formuletta di una riga.

Certo, questa è banale ignoranza, ma si tratta comunque di uno scienziato che parlando di scienza dice uno sproposito. Si potrebbe dire: ma Zichichi è un fisico, l'evoluzionismo non è il campo suo. Prendiamo allora uno scienziato le cui competenze appartengano a quel campo: il biologo Giuseppe Sermonti.

Ex-professore di genetica alle Università di Perugia e Palermo, quando Sermonti parla di evoluzionismo andrebbe ascoltato in religioso silenzio. Ascoltiamolo. Partendo dal curioso enunciato secondo cui "il confine tra il naturale e il soprannaturale è pura convenzione accademica", secondo Sermonti sono - attenzione! - le scimmie che discendono dall'uomo: "Queste forme sono, per quanto ne sappiamo, molto più recenti della forma umana" [5]). Davvero sorprendente. Ma allora come si è sviluppato l'uomo? Per Sermonti è semplice: "L'uomo è nato d'improvviso, d'un balzo, cioè in modo non darviniano." (6), perché creato da Dio.

Sermonti ha pubblicato una serie di libri e articoli anti-evoluzionistici che ne hanno fatto il paladino dei creazionisti italiani. Cito da una recensione del libro di Sermonti "Dimenticare Darwin" a firma di Andrea Bottaro:
la critica sermontiana all'evoluzionismo moderno è in larga parte basata su vecchie e trite obiezioni dei creazionisti americani e argomenti spesso patentemente falsi, è farcita di espliciti richiami religiosi, e mira a sostituire l'approccio scientifico verso la natura con una forma di contemplativo misticismo teistico in cui "perché così l'ha fatto Dio, e basta" è una legittima risposta all'umana curiosità sulla natura.
[I dati scientifici] sono selezionati, distorti e talvolta inventati di sana pianta per soddisfare fini retorici. Apprendiamo così dal libro vere e proprie bufale scientifiche, presentate come solide prove [...] Persino i traduttori creazionisti americani si sono sentiti in dovere di correggere alcuni degli errori più grossolani, che è tutto dire.
Non c'è solo ignoranza quindi nelle affermazioni degli esperti (veri o presunti). Chi combatte in nome di un'ideologia, che sia la storicità della Bibbia, la multinazionale di Hubbard o le "vittime del plagio seviziate dalle psicosette", non si fa scrupolo di ricorrere a bufale scientifiche, distorsioni, argomenti capziosi o mere falsità.

Nonostante tutto, anche in questo quadro sconfortante un lato positivo forse possiamo trovarlo: in un mondo che cambia a ritmo vorticoso, possiamo infatti fare affidamento su qualcosa che restando fermo e immutabile ci dà sicurezza: l'Italia, che rimane la stessa di sempre.
I più sublimi pensieri che abbiamo appreso, la parola di Cristo, non furono improvvisazioni di un uomo geniale, furono Rivelazioni di una saggezza eterna.
    G. Sermonti ("Dimenticare Darwin", op. cit., pag. 82)

Note:

1) In merito a quell’insieme di norme che hanno per oggetto la concessione alle confessioni religiose di particolari vantaggi fiscali o di altro genere (riconoscimento civile del matrimonio religioso, insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, esenzione del servizio militare dei ministri di culto, ecc.) il giurista F. Onida scrive:
È fin troppo facile osservare che questa intera categoria di norme in uno stato rigorosamente laico non potrebbe neppure esistere. Prendendo in considerazione soltanto il caso più facile e chiaro, quello delle sovvenzioni economiche [...], è ben difficile riuscire a trovare in altri valori (libertà, Welfare state, pluralismo) sufficiente giustificazione per rendere coerente con la logica dello stato laico il fatto di addossare a tutta la società civile, e quindi soprattutto ai non appartenenti a una determinata fede religiosa, gran parte dei costi [...] Non si può fare a meno di sottolineare che l’arduo problema della qualificabilità di una associazione o di una attività come "religiosa" nasce da una incoerenza dello Stato laico ("Nuove problematiche religiose per gli ordinamenti laici contemporanei: Scientology e il concetto giuridico di religione", in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1998, I, pp. 279 ss., pag. 290)
2) "Ma la parte più interessante della nuova pronuncia della Cassazione è sicuramente quella relativa all'autoqualificazione statutaria, di cui il giudice di legittimità - con un atteggiamento dissimulatorio ma contraddittorio, continua ..." ("La via giudiziaria alla religiosità", op. cit., pag. 397).

3) Articoli citati in questo e nel precedente post:
G. D'Angelo, "Ultime vicende giudiziarie della chiesa di Scientology".
R. Blaiotta, "Scientology: una religione al cospetto della legge".
C. Cardia, "Religione (libertà di)".
L. Castra, "Osservazioni sulla natura di Scientology".
G. Casuscelli, "Ancora sulla nozione di confessione religiosa: il caso Scientology".
N. Colaianni, "Caso Scientology: Associazione religiosa o criminale?".
N. Colaianni, "La via giudiziaria alla religiosità: la vicenda di Scientology".
P. Colella, "La disciplina di Scientology nell’ordinamento italiano".
P. Coltella, "Sul carattere "religioso" dell'associazione di Scientology".
G. Dodaro, "Interpretazione laica del delitto di associazione per delinquere. Riflessioni a margine del caso Scientology".
F. Finocchiaro, "Scientology nell'ordinamento italiano".
M. Formica, "L'art. 416 c.p. e le confessioni religiose: un commento all'epilogo del 'caso Scientology'".
M. Formica, "Scientology e l’accusa di associazione per delinquere: brevi riflessioni sulla giurisprudenza della Corte di Cassazione".
N. Gimelli, "Diritto e religione. Tra passato e futuro - Il caso della Chiesa di Scientology".
F. Onida, "Nuove problematiche religiose per gli ordinamenti laici contemporanei: Scientology e il concetto giuridico di religione".
M. Ravenna, "Confessioni religiose e associazioni per delinquere".
P. Sassi, "Quid est vera religio?".

4) Non che le sentenze strambe siano una novità. Di fronte a 1 milione e 600.000 Euro di denaro pubblico usato per spese personali, il 31 marzo 2015 ventiquattro consiglieri regionali della Val d'Aosta sono stati assolti dal Tribunale perché inconsapevoli che usare denaro pubblico per scopi privati fosse un reato. Riporto il commento (non mio) che mi sembra più appropriato: una volta si diceva che la legge non conosce ignoranza, ora possiamo dire che la legge non conosce vergogna.

5) Nall'articolo "Dopo l'uomo, la scimmia", Abstracta, 1988, Sermonti inizia il suo scritto con queste parole: "La teoria evoluzionista che fa discendere l'uomo dalla scimmia, ha confinato nel regno delle favole l'antropologia biblica, che vuole l'uomo creato a immagine e somiglianza di dio. Eppure, i dati delle più recenti ricerche della paleontologia e della biologia molecolare, sembrano indicare la grande antichità dell'uomo, e il carattere secondario e derivato degli scimmioni africani. Riacquistano così significato le antiche mitologie, nelle quali l'animalesco trae le suo origini dall'umano."

6) "Dimenticare Darwin", Rusconi, 1999, pag. 110.