giovedì 15 gennaio 2015

La danza macabra di Scientology

Il commento a un articolo di Camillo Maffia pubblicato su questo blog nel novembre scorso, ha suscitato diverse reazioni negative. Poiché i biasimi dimostrano - qualcuno per esplicita ammissione - di fare perno sul principio di autorità anziché su un'effettiva conoscenza della materia, ritengo opportuno riportare più in dettaglio i documenti a cui in quel post avevo solo accennato a sostegno delle mie affermazioni.

In quel mio precedente post, la mancata disamina di quei documenti era dovuta al fatto che è materiale già disponibile in rete, e quindi serviva solo un po' di buona volontà per verificarne la coerenza con quanto da me riportato. Evidentemente confidavo su un abito mentale - verificare i fatti prima di esprimere giudizi - che non sempre appartiene a chi si propone come esperto.

Le contestazioni che mi sono state fatte (in modo civile, diversamente da quelle ricevute da ambienti antisette) riguardano principalmente il mio commento alla seguente frase di Maffia:
Eccetto l’accertamento di pochi reati individuali, del tutto estranei all’attività della Chiesa, Scientology esce dal maxiprocesso a passo di danza, con tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa e nientemeno che una sentenza definitiva che sancisce indiscutibilmente il carattere religioso del movimento.
Questa frase contiene cinque enunciati che mi propongo di confutare:
  1. pochi reati individuali
  2. [reati] del tutto estranei all’attività della Chiesa
  3. Scientology esce dal maxiprocesso a passo di danza
  4. tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa
  5. nientemeno che una sentenza definitiva che sancisce indiscutibilmente il carattere religioso del movimento
I lettori mi scuseranno se per ognuna di queste 5 asserzioni mi dilungherò, ma non è colpa mia: per uno slogan da predicatore bastano soggetto verbo e complemento, mentre per dimostrarne l'infondatezza è necessario riportare eventi, descrivere contesti, citare documenti, eccetera. Comunque, chi non ha tempo è libero di dedicarsi ad altro, e così facendo gli sarà anche più agevole continuare a rifugiarsi nell'ipse dixit. L'importante è essere contenti.


La documentazione

In materia di "sette" e di libertà di religione, il maxiprocesso a Scientology (dai cacciatori di streghe ritenuta la setta più virulenta) è stato un evento epocale. Ha coinvolto 140 adepti, tra cui figurava l'intera dirigenza in Italia, incluse le sue massime autorità. Vi hanno partecipato gli avvocati più prestigiosi (Spazzali, Pisapia, Biondi), mentre la causa è stata giudicata da tre diverse Corti d'Appello e da due distinte Corti di Cassazione. Infine il processo è stato diffusamente commentato da giuristi (Colaianni, Finocchiaro) sulle pubblicazioni di settore e perfino su quotidiani.

Data l'importanza storica e sociale di quel processo, dovremmo quindi supporre che gli antisette radicali, sedicenti esperti del settore, ne conoscano ogni dettaglio, e che sui loro siti sia disponibile la relativa documentazione debitamente commentata. Invece no, niente di tutto questo: non hanno mai pubblicato niente (e da ciò che propongono viene da pensare che non ne abbiano mai letto una riga). Non ci si deve però stupire di questa mancanza: si tratta di documenti noiosi, lunghi centinaia di pagine (senza neanche una figura) e faticosi da leggere. Meglio La vita in diretta alla TV.

Tuttavia, a chi non è portatore di Verità per dogma di fede e fosse quindi interessato a verificare ciò che troverà qui riportato, segnalo che la documentazione di quel processo è comunque disponibile sul sito Allarme Scientology (qui) o su quello del CESNUR (qui).


Pochi reati individuali

Iniziamo a esaminare la prima di quelle 5 affermazioni viste in precedenza: il maxiprocesso di Milano si sarebbe concluso - afferma Maffia - con "l’accertamento di pochi reati individuali".

Benché l'iter processuale sia stato insolitamente lungo (1), tranquillizzo subito il lettore: su quelle innumerevoli pagine non dovremo romperci la testa, perché già alla prima sentenza di Cassazione (febbraio 1995), saranno definite quasi tutte le imputazioni. Le tre tappe successive (1996 secondo appello, 1997 seconda Cassazione, 2000 terzo appello) verteranno esclusivamente sulla natura religiosa o meno di Scientology, da cui dipende la sussistenza del reato di associazione a delinquere (un aspetto questo sì piuttosto complicato, che tratteremo in un apposito post).

Per iniziare vediamo cos'è stato chiamato a esaminare questo ipertrofico procedimento giudiziario. Il rinvio a giudizio è del 1988 e conteneva svariati capi di imputazione. Di questi tralasciamo, per i motivi di cui sopra, quello relativo al reato di associazione per delinquere. Togliamo anche i due capi d'imputazione relativi a reati tributari, perché nulla ci dicono sull'effettiva natura di Scientology, essendo l'evasione fiscale una tentazione che accomuna l'intero genere umano. Ebbene, anche togliendo questi tre capi d'imputazione, ne rimangono 40 (quaranta). Non trattandosi di un processo di mafia, è una quantità esorbitante.

Questi 40 capi d'imputazione contestavano i seguenti reati:
  • truffa (generalmente aggravata),
  • circonvenzione di incapace,
  • estorsione,
  • maltrattamenti,
  • abbandono di incapace,
  • violenza privata,
  • abuso della professione medica,
  • induzione all'uso di sostanze stupefacenti.
È ora giunto il momento di fare qualche conteggio al fine di quantificare quei "pochi reati", di cui ci informa Maffia dalla testata giornalistica del Partito Radicale.

Quale valore assegnare all'aggettivo pochi rientra nel campo delle opinioni. È invece un fatto oggettivo e quindi non opinabile che di questi 40 capi, 33 (trentatré) si sono conclusi con una sentenza di condanna. Trentatré sentenze, ripeto, confermate in Cassazione e definitive. Cosa significhi per Maffia pochi, confesso che io non lo so.

Questi 33 capi di imputazione sono un punto fermo indiscutibile che già da solo potrebbe chiudere qui questa prima questione, ma con questo post intendo rimediare all'errore fatto in quello precedente, quando avevo scritto che "le informazioni a cui ho accesso io sono disponibili a chiunque, e se qualcuno vuole conoscerle se le vada a leggere". Che sia stato un errore è dimostrato dal fatto che chi mi ha criticato, per sua esplicita ammissione non ha accolto il mio invito di andarsi a leggere cosa dicono le carte processuali. (Lo so che costa fatica, ma se prima di esprimere giudizi ci si informa, si evita poi il rammarico di aver detto una fesseria.)

Questa volta cercherò di rimediare agevolando, fin dove mi è possibile, coloro che - magnanimi - volessero degnarsi di verificare come stanno le cose. Per prima cosa informo che qui è possibile scaricare i file con le versioni integrali dei seguenti documenti che verranno citati in questa disamina:
  • rinvio a giudizio;
  • sentenza del Tribunale di Milano del 1991;
  • sentenza della Corte d'Appello del 1993 (di cui raccomando la lettura);
  • sentenza della Corte di Cassazione del '95.
Se tra coloro che hanno invocato l'opinione dell'Autorevole Esperto per liquidare le mie critiche come pregiudizi da antisette intollerante, qualcuno seguirà la mia esortazione a leggere le carte processuali, potrà constatare cosa è stato sentenziato in merito ai capi di imputazione 1, 2, 3, 4, 6, 8, 9, 10, 11, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 22, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 43 e 45 (2).

Quelli sopra riportati sono i 33 capi d'imputazione i cui reati (talvolta plurimi [3]) sono stati ritenuti consumati con sentenza definitiva. Li ho indicati per esteso, così i più svogliati si risparmiano di leggere il resto. Inoltre, per consentire agli studiosi più indaffarati un ulteriore risparmio di tempo, suggerisco di tralasciare il rinvio a giudizio e il processo di primo grado, e passare direttamente alla sentenza d'Appello, per verificare se per quei 33 capi di imputazione è stata effettivamente emessa una sentenza di condanna. Dopo di che sarà sufficiente controllare se quelle condanne non siano state annullate dalla Corte di Cassazione (dove potrà anche constatare che sono definitive).

Al fine di sgombrare ogni dubbio in merito alla rilevanza e alla solidità di questa mole di reati accertati, è bene precisare ciò che anche la Cassazione ha ritenuto di dover puntualizzare nella parte introduttiva della sua sentenza:
Quanto ai singoli episodi denunciati dalle persone offese, il giudice istruttore operò una discriminazione nel senso di escludere qualsiasi rilevanza penale a tutti quei fatti denunciati, nei quali una persona adulta e priva di deficienze psichiche aveva liberamente acquistato - anche a caro prezzo - servizi dall'organizzazione, pur non avendone successivamente goduto ovvero non rimanendone soddisfatta.
Poiché nel suo articolo Maffia accusa esplicitamente la magistratura di avere perseguitato la Chiesa di Scientology (che all'epoca dei fatti neppure lei stessa si definiva una religione), questa cernita delle ipotesi di reato operata nella fase istruttoria sgombra il campo da ogni speculazione o sospetto (e dalle risibili teorie cospiratorie di Maffia) in merito alla consistenza dei reati accertati. Tutte le denunce presentate da "una persona adulta e priva di deficienze psichiche", che si era pentita di aver pagato somme ingenti per dei sortilegi da Mago Oronzo, non sono state prese in considerazione. Non si tratta quindi di denunce di poco obiettivi clienti insoddisfatti e poco obiettivi, o di inattendibili ex membri rancorosi o, peggio ancora, di "apostati". Venti anni dopo, Vanna Marchi non beneficerà della stessa prudenza giudiziaria.

Quanto all'Autorevole Esperto, che autorevole lo è davvero, posso anticipare che non ha mai detto le cose che gli sono state attribuite per cestinare le mie critiche (e per scrivere quell'indecoroso articolo firmato da Camillo Maffia), ma anche questo lo vedremo a tempo debito.


Del tutto estranei

Ritorniamo a Maffia. Oltre a sminuire la rilevanza di quei reati definendoli "pochi", nel suo articolo assolve definitivamente Scientology da ogni responsabilità in quanto si sarebbe trattato di reati che, a suo dire, erano anche "del tutto estranei all’attività della Chiesa".

Nel mio precedente post questa esposizione veniva definita "fuorviante, dato che si trattava di reati commessi durante l'attività" quotidianamente svolta dagli operatori di Scientology nello svolgimento delle loro mansioni.

L'affermazione di Maffia e la mia replica sono due proposizioni assertive e in contraddizione tra loro, per cui non possono essere entrambe valide. Per vedere quale delle due è falsa, dobbiamo guardare più da vicino i capi di imputazione, e questo richiede una premessa.

Non potendo vantare la credibilità di un giornalista affermato qual è Maffia, qualcuno potrebbe avere dei dubbi sulla correttezza delle citazioni che via via riporterò nella mia esposizione, oppure potrebbe pensare che ne viene travisato il senso. È per questo che di ogni citazione (in corsivo tra virgolette) verrà indicato il relativo documento e il numero di pagina, rendendo così più agevole la sua verifica e il controllo del suo corretto utilizzo. E per agevolare ulteriormente gli esperti di nuove religioni, che non ritengono necessario consultare i documenti di un processo assurto a paradigma dei rapporti tra società civile e nuove religioni perché hanno altro da fare, riporto anche l'immagine della pagina menzionata (ma il cornetto caldo a colazione non glielo porto).

Anche se cadrà nel vuoto, l'invito a fare queste verifiche è rivolto principalmente a Maffia, perché ritengo certa la sua buona fede. Per cui mi appello all'importanza - da lui stesso ricordata - di verificare personalmente come stanno le cose ("una giusta opportunità per verificare direttamente lo stato delle cose" [enfasi nell'originale]). Sia comunque ben chiaro che ognuno fa quel cavolo che vuole.

Iniziamo quindi a vedere se quei reati erano davvero estranei all'attività di Scientology, per cui apriamo la sentenza d'appello a pagina 189.


Capo 1

Attenendoci al banale ordine numerico partiamo dal primo capo, per il quale sono stati ritenuti colpevoli (con sentenza definitiva, in seguito non lo ripeterò più) tre esponenti della Chiesa di Scientology (altri responsabili di quel delitto sono rimasti ignoti).

Pagina 329 della sentenza della Corte d'Appello, con i nominativi dei tre imputati condannati per il
capo 1. In Cassazione il reato di estorsione - relativo al capo 1 - verrà derubricato nel meno grave
 reato di truffa, mentre la condanna per il capo 15 relativa ai primi due nominativi, verrà annullata
con rinvio a nuova Corte d'Appello, affinché valuti se anziché l'estorsione i fatti accertati non
configurino il più grave reato di sequestro di persona.
Il reato è quello di truffa, posta in essere ai danni di un invalido civile, che la perizia ha descritto come un soggetto con "una struttura personalogica che lo rendeva particolarmente vulnerabile", le cui "percezioni erano in chiave altamente suggestiva e angosciante", con una "peculiare disponibilità allo scompenso psicotico" (sentenza d'appello, pag. 193).

Pagina 193 della sentenza d'appello
Espongo brevemente la vicenda. Dopo un'esperienza fallimentare con il Purification Rundown, questo tizio "particolarmente vulnerabile" non voleva più saperne di avanzare lungo il Ponte della Libertà Totale di Scientology, ma per non perdere il cliente gli addetti della Chiesa fecero leva sulla sua minorata capacità psichica, assillandolo con la soffocante insistenza per cui sono noti gli scientologi. Arrivarono poi a suggestionarlo con l'idea che chi entra a far parte di Scientology non potrà mai più allontanarsene (appello, pag. 191), e con la premonizione di gravi sventure se avesse provato a farlo (pag. 194).

Pagina 191 della sentenza d'appello
È accertato che gli imputati erano consapevoli di avere di fronte una persona affetta da: "un processo morboso che comprometteva il suo rapporto con la realtà", da cui derivava uno "scompenso psicotico" (pag. 199). Benché avessero questa consapevolezza, l'opera di convincimento (di "persecuzione" viene definita nella sentenza d'Appello a pagina 194) fu spinta fino al punto che la vittima pose fine ai suoi giorni impiccandosi.

Pagina 194 della sentenza d'appello
 Dei "veri professionisti della mente", come amava definirsi uno dei tre responsabili, la Sig.ra "I. La V.", OT8 e auditor, a cui la vittima aveva ripetutamente implorato un aiuto stante la sua situazione di angoscia.

Come si è detto in precedenza, per questo reato sono stati ritenuti colpevoli in tre. Complici della "vera professionista della mente" furono "L. Br" e "F. Ba", rispettivamente Public Executive Secretary e Commanding Officer della Chiesa di Scientology di Brescia, ossia le due più alte cariche dell'organizzazione.

Pagina 196 della sentenza d'appello
Ricordo che Maffia ha scritto anche che il processo si sarebbe concluso "con tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa". Già in questo primo caso, su tre imputati condannati due sono sicuramente ascrivibili al gruppo dei "principali imputati", dato che erano dirigenti di alto livello. Inoltre non si può certo dire che fossero reati "del tutto estranei all’attività della Chiesa", dato che sono stati commessi nello svolgimento dei rispettivi incarichi (e seguendo la procedura consolidata). E siamo solo al primo capo di imputazione.

Resta solo da precisare che ora "L. Br" fa il portavoce della Chiesa di Scientology, e partecipa ai convegni sulla libertà religiosa, testimoniando al mondo la persecuzione giudiziaria che avrebbe sofferto la sua chiesa con il maxiprocesso. È indubbio che siamo nel Paese degli Schettino.


Capo 2

Passiamo al capo successivo. Anche questo caso (vedi appello, pagg. 34 e 289) - come sostanzialmente tutti gli altri - vede coinvolta una persona mentalmente disturbata. Questa volta però con un'infermità ben più grave di quella vista in precedenza, che i periti sintetizzarono con l'espressione "biografia in sé drammatica" (rinvio a giudizio, pag. 938).

La vittima era una ragazza con precedenti ricoveri psichiatrici, che la perizia descrisse (appello, pag. 39) come "psichicamente ammalata e ancora oggi si mostra come psichicamente disturbata [...] nell’insieme si tratta di grave disturbo psicotico di personalità, con alternanza di quadri dall’isterico al narcisistico", che "si muove in una dimensione autistica" e con precedenti "di anoressia".

Pagina 39 della sentenza d'appello
Per questo capo, abbiamo nove operatori di Scientology condannati per circonvenzione d'incapace. Di questi nove, in tre sono colpevoli anche di truffa (ai danni della madre).

Anche qui – come in tutti gli altri casi – gli operatori di Scientology erano consapevoli delle condizioni della ragazza (4), la quale: "non solo comunicò il suo malessere, ma arrivò al punto di sbattere la testa contro il muro durante le saune" (appello, pag. 40), e aveva "visioni terrificanti (le sembrava di vivere nei secoli passati e di essere oggetto di azioni di violenza".

Pagina 40 della sentenza d'appello
Dalla sentenza della Corte d'Appello (resa definitiva dalla Cassazione) si apprende che nonostante questo grave quadro clinico, e benché fosse evidente che "le sue condizioni continuavano a peggiorare":
gli operatori avevano però insistito perché continuasse il trattamento, essendo venuti a sapere, tramite informazioni precise chieste alla *** (durante le sedute di ‘auditing’), che la sua famiglia, residente a Cortina, aveva buone disponibilità economiche (pag. 35)
Pagina 35 della sentenza d'appello
 Maffia brandisce il maxiprocesso come un vessillo del martirio Scientology, vittima innocente dell'intolleranza ottusa degli antisette. Inoltre descrive le sedi dell'organizzazione (5) come dei luoghi immersi "nel morbido silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli", perché "ideati per garantire a chi ne usufruisce la pace mentale". Ma se non è malafede, è una scelta argomentativa oltremodo sfortunata, perché è proprio il maxiprocesso a fornire la certificazione di una realtà che è esattamente l'opposto, dove per il Dio Denaro non si esita a perpetrare angherie psicologiche ai danni (come abbiamo visto) di persone mentalmente svantaggiate, oltre che (come stiamo per vedere) ai danni dei familiari di questi sfortunati (e degli stessi operatori e dei clienti in generale, come vedremo più avanti). Il maxiprocesso ci racconta infatti come i genitori della ragazza venivano ricattati, affinché acquistassero pacchetti di auditing dall'importo sempre più gravoso:
in tali occasioni [l'imputato "T. Co."] aveva sollecitato la [madre] a dare il denaro, o usando il ricatto (“che cosa contano i soldi se sua figlia può anche morire”, ricordando nel contempo i suoi momenti peggiori, appresi attraverso le sedute di auditing), ovvero garantendo che avrebbero potuto risolvere il caso della ragazza (appello, pag. 35).
Pagina 35 della sentenza d'appello
In quest'ultima citazione vengono riportate svariate condotte che, contrariamente ai reati tributari, mostrano il vero volto di Scientology. Particolarmente sgradevole è il ricatto psicologico di prospettare a una madre il decesso della figlia causato dalla sua avarizia. Una madre che, a dispetto delle ingenti somme già pagate, riscontrava nella figlia un peggioramento del suo stato. Aggravamento confermato dai periti, secondo i quali le tecniche scientologiche determinarono "addirittura un aggravamento delle condizioni della sua sintomatologia" (rinvio a giudizio, pag. 939).

Pagina 939 del rinvio a giudizio
Un'altra bella pensata, che è costata a tre di questi nove impavidi eroi anche la condanna per truffa, è l'aver garantito che Scientology avrebbe curato la figlia ("sottolineato la sicura guarigione della giovane con i metodi praticati dall’organizzazione"; appello, pag. 290). Per queste due condotte siamo nell'illecito penale, ma c'è anche quello morale.

Mi riferisco all'utilizzo delle confessioni rilasciate dalla ragazza durante l'auditing ("ricordando nel contempo i suoi momenti peggiori, appresi attraverso le sedute di auditing"). Queste confessioni sono assimilabili a quelle fatte allo psicanalista o a un prete durante la confessione dei peccati. Tanto più che l'ovvio dovere di una tassativa riservatezza, formalmente garantita alla ragazza come a chiunque si sottoponga all'auditing, non viene violata per rivelare trascurabili marachelle di cui sorridere, e neppure per la necessità di evitare un danno futuro (6): al fine di coartarne la volontà, si ricorse al sotterfugio immorale di riferire ai genitori dettagli strettamente privati della figlia maggiorenne (l'avere in passato fatto uso di eroina e tentato il suicidio). Sono aspetti del proprio passato che ognuno ha il diritto di tenere celati. Ancora una volta il basilare diritto alla dignità della persona viene calpestato per "FARE SOLDI" (7), e proprio da chi si autodefinisce "il gruppo più etico del pianeta".

Pagina 290 della sentenza d'appello
In merito a questi gretti espedienti, è curioso come proprio in quel maxiprocesso che Maffia ama tanto perché - a suo dire - assolverebbe Scientology, troviamo scritto che: "Certamente, i sistemi spesso praticati in seno all'organizzazione […] non possono andare esenti da giudizi del tutto critici e negativi sotto un profilo morale ed etico: tuttavia non sempre quello che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante." (tribunale, pag. 313)


Giudizi "del tutto critici e negativi sotto un profilo morale ed etico". È una condanna lapidaria, e a emetterla è proprio quel maxiprocesso che Maffia riporta in modo distorto, facendogli dire l'esatto contrario di quello che ha sentenziato.

"In tale contesto riesce veramente problematico credere alle attestazioni di buona fede e di intento di far bene [...] dietro le loro azioni si legge solo incompetenza, bieco interesse, ipocrisia e perfidia" (rinvio a giudizio, pag. 939). È un altro giudizio contenuto nel maxiprocesso, così come "Non ci si può esimere dal sottolineare ancora una volta la assoluta sgradevolezza di un simile atteggiamento opportunista e materialista che ritiene di poter risolvere tutto con il denaro" (rinvio, pag. 912), con cui valutare la descrizione fatta da Maffia dei centri di Scientology/Narconon come luoghi "ideati per garantire a chi ne usufruisce la pace mentale".


Torniamo a quella sfortunata ragazza. A forza di "maneggiamenti" arriva il giorno che i genitori, più che non volere, non furono più in grado di fronteggiare i salassi finanziari a cui li costringeva Scientology. Esauriti i risparmi familiari, la madre dovette anche rinunciare all'intervento di protesi all’anca, ma di fronte alla resa dei genitori, su di loro si abbatté la reazione dei fornitori di "pace mentale":
il "T. Co." [l'addetto alle vendite - ndr] si era scagliato contro quest’ultimo [il padre - ndr], che aveva frapposto i maggiori ostacoli, e gli aveva fatto presente che chi si era messo in contrasto con Scientology aveva avuto il cancro (8); aveva quindi cercato di montare uno scandalo contro di lui, per fargli sborsare £ .45.000.000 (9)" (appello, pag. 36).
Il rifiuto di nuovi versamenti ebbe una conseguenza inesorabile: nonostante la famiglia avesse già versato (inutilmente) 90 milioni di lire (del 1986), e benché Scientology si vanti di guarire tutto (10), alla ragazza "non le era stato più consentito di partecipare ad alcuna seduta [terapica - così era stato prospettato l'auditing], benché essa si sentisse assai male (le mancava il respiro, si sentiva schiacciare il torace, aveva visioni angoscianti)" (appello, pag. 35).

A questo punto devo ritirare in ballo Maffia e la sua scena madre del "tragico abbandono di centinaia di tossicodipendenti in crisi d’astinenza lasciati a vagare nelle campagne". Una tragedia che sarebbe stata provocata dalla magistratura di Milano, complice della congiura anti-amerikana col kappa, secondo la definizione di Maffia.

Nel post di novembre spiegavo i motivi che rendono irragionevole un simile scenario, facendo altresì presente che però c'è davvero qualcuno disposto a lasciare persone sofferenti a "vagare nelle campagne": gli alti dirigenti di Scientology. Come quel Gianni Zanella che aveva emesso una specifica direttiva "che escludeva l’accoglimento di chi non avesse prima pagato" (appello, pag. 124). In quel post scrissi che esistevano, oltre alle direttive, anche dei casi concreti di pazienti lasciati senza cure, ma per brevità non riportai alcun esempio. Ebbene, questo è uno di quei casi concreti. (Ve ne sono altri che tralascio per non dilungarmi troppo.)

Questo caso concreto ci fornisce anche la possibilità di trarre un insegnamento: aderire alla stessa organizzazione non rende gli aderenti tutti uguali. Una ex direttrice del centro Narconon di S. Quirico, così testimoniò: "con mio marito avevo pensato di accantonare le somme ricevute per consentire a chi non aveva i mezzi di poter frequentare, ma fummo censurati; la regola era che per essere ammessi si doveva pagare la retta senza alcuna possibilità di aiuto da parte dell’organizzazione". Intendiamoci, non si tratta di pettegolezzi riportati dal sito di un Centro Studi sulle sette, è scritto nero su bianco nelle carte di quel processo brandito come una mazza da Maffia; basta aprire la sentenza di appello e andare a pagina 125.

Un altro esempio indicativo della parossistica voracità di denaro che attanagliava Scientology si trova nel rinvio a giudizio, dove si riporta il caso di una ragazza a cui "fu vietato rivendere di seconda mano l'E Meter che ella non voleva più ed, anzi le fu fatto divieto di cederlo anche gratuitamente perché questo è espressamente vietato da una policy di Hubbard." (rinvio a giudizio, pag. 459). Si consideri che questa ragazza stava frequentando il Narconon per disintossicarsi. Anzi, voglio usare anch'io la prosa epica di Maffia: questa ragazza era al Narconon "per affrontare le orribili prove dell’astinenza", e l'acquisto dell'apparecchio dall'irragionevole costo non fu un momento di frivola leggerezza di cui in seguito si pentì. Mentre lei era impegnata con le "orribili prove": "a mia insaputa vendettero a mio padre un E Meter del costo di oltre 3.000.000 facendogli credere che mi sarebbe stato necessario nel proseguimento del programma in quanto sarei andata a Milano a fare gratis un corso per usare quell’apparecchio. Mio padre mi disse di aver acconsentito per compiacerli e per timore che vi potessero essere ritorsioni di qualsiasi tipo nei miei confronti." (pag. 743).

Ritorniamo al capo 2 e alla ragazza a cui venne negata la cura dopo i 90 milioni di lire già versati. In queste situazioni Scientology potrebbe apparire spietata, e invece come San Martino che divide il mantello con il povero, anche il grande cuore di Scientology seppe trovare una soluzione: convinse la ragazza a sottoscrivere, leggiamo nella sentenza d'appello a pag. 35, "un prestito di £.10.000.000 da una persona che era solita fare questi mutui per chi doveva pagare i corsi di Dianetica, proposta che la giovane aveva accolto" (e a cui i genitori dovettero poi far fronte).

Quando si dice la grandezza d'animo: ci si misero in nove per consegnare a uno strozzino una "persona psichicamente disturbata", della quale secondo la perizia era evidente "la labilità dell'esame della realtà" (tribunale, pag. 324), e i cui genitori avevano già speso tutto. Una prodezza che a questi nove eroi costò la condanna per circonvenzione d'incapace. Tre di questi, e precisamente il sig. "T. Co.", la sig.ra "A. Mo.", e il sig. "L. Te. Dr.", oltre che della circonvenzione saranno ritenuti colpevoli anche del reato di truffa (aggravata) ai danni della madre della ragazza (appello, pagg. 330-332).


La pagina della sentenza d'appello con i nominativi dei tre imputati condannati sia per circonvenzione che per estorsione. In Cassazione questo secondo reato verrà derubricato in truffa. La condanna per il reato di associazione a delinquere (art. 416) inflitta a "T. Co." in Cassazione verrà annullata con rinvio.

Maffia può anche gridarlo che "Scientology esce dal maxiprocesso a passo di danza", ma i fatti non cambiano e la sua credibilità verrà giudicata dai lettori (per sua fortuna pochissimi). Stessa cosa per l'affermazione secondo cui il processo si sarebbe concluso con "tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa", che carte alla mano è semplicemente una falsità.

Che sia una frottola l'abbiamo visto in precedenza al capo 1 dove, su 3 condannati, due erano proprio i due massimi dirigenti della Chiesa di Scientology di Brescia, e la cosa si ripeté identica nel capo 2, dove tra i nove condannati troviamo:
  • la sig.ra "R. Ce.", appartenente allo staff e quindi con un incarico comune, condannata per truffa;
  • il sig. "R. Sm." e la sig.ra "L. Tu." che invece erano rispettivamente il Cappellano e la Custode della Tecnologia, entrambi condannati per circonvenzione;
  • la sig.ra "C. Pa." e il sig. "C. Po.", i due auditor della Chiesa di Pordenone, entrambi condannati per circonvenzione;
ma il bello viene adesso, perché l'elenco continua con le massime cariche della chiesa:
  • il già citato "T. Co.", con la condanna doppia come il funerale di Pino Daniele (truffa e circonvenzione), che era OES (Organization Executive Secretary) oltre ad essere a capo della Divisione Vendite;
  • il sig. "F. Te. Dr.", nientemeno che il PES (Public Executive Secretary) e, come il suo pluridecorato collega "T. Co.", anche lui condannato sia per truffa che per circonvenzione;
  • la sig.ra "G. Be.", HES (HCO Executive Secretary), condannata per circonvenzione.
Dall'organigramma della Chiesa di Scientology vediamo che questi tre dirigenti ricoprono le tre più alte cariche dopo il Direttore Esecutivo, insieme al quale compongono il Consiglio Esecutivo, ossia il centro motore e direttivo dell’organizzazione.


Tra i condannati non vediamo, per l'appunto, l'ED ossia il capo supremo, ma non preoccupatevi perché a ricoprire quel ruolo troviamo una sorpresa: non un comune ED ma addirittura un CO (Commanding Officer), la sig.ra "A. Mo.".

Il motivo di tanto entusiasmo è che un CO fa parte della Sea Org, l'Organizzazione del Mare, il corpo d'élite situato al vertice della struttura dirigenziale internazionale di Scientology. Parliamo quindi di una dirigente di rango superiore rispetto a un Direttore Esecutivo, e anche quella che in seno a Scientology è un'autorità fu condannata sia per truffa (aggravata), sia del più grave reato di circonvenzione d'incapace. Abbiamo quindi l'intero Consiglio Esecutivo, presieduto da un esponente di rango internazionale, condannato per soprusi che suscitano indignazione.

Quando Maffia dice che il processo ha visto "tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa", più che dire una cosa non vera, si copre di ridicolo.

Ciò che invece non presenta aspetti ridicoli di cui ridere è l'odissea vissuta da questa ragazza; un'odissea che comunque comincia finalmente a volgere al termine. Siamo infatti arrivati a quando "era riuscita finalmente a sfuggire" - si legge a pagina 296 della sentenza d'Appello (confermata in Cassazione) - dall'oppressione dei suoi aguzzini, "e a rifugiarsi in ospedale, dove era stata finalmente curata per le sue pessime condizioni psico-fisiche".

Ma come in un thriller, anche lì venne ritrovata dai membri dell’organizzazione:
era stata, infatti, raggiunta in ospedale dalla "R. Ce.", accompagnata da una certa C** [...]

E che la visita fosse non di ‘cortesia’, come ha sostenuto la "R. Ce.", ma per ‘maneggiarla’, come ha, invece, compreso immediatamente la *** [vittima], per farle cioè ben capire che non sarebbe mai sfuggita all’organizzazione e per accrescere la sua impressione di essere ormai vincolata e soggetta per sempre ad essa, lo si può desumere dalla reazione avuta dalla "R. Ce.", al tentativo della *** di liberarsi di lei e della sua compagna.

Questa imputata, infatti, aveva inveito contro la ***, mostrandosi addirittura contenta delle sue sofferenze, che erano - a suo parere - una giusta punizione per il suo comportamento verso l’organizzazione. Ma allora quale mai comprensione e solidarietà voleva mostrare la "R. Ce." verso una povera ragazza ricoverata in ospedale?
" (appello, pag.296)

La solidarietà di chi "esce dal maxiprocesso a passo di danza", viene da commentare non senza perfidia. Una perfidia che non è gratuita perché, come in un incubo, "le sue sofferenze non erano ancora finite, dato che - uscita dall’ospedale - era diventata preda di "R. Sm.", che accompagnato da una persona non identificata, aveva cercato di coinvolgerla in altre tecniche terapeutiche". Tutti questi fatti sono certificati da quella sentenza che Maffia agita come verità storica su cui erigere la sua santificazione di Scientology, per cui presumo che non intenda ora sminuirne l'importanza.

Certo che il mondo sembra girare all'incontrario. Ci si aspetterebbe che a pubblicare questa sorta di "Bignami" del processo a Scientology fosse un centro studi sulle sette o chi fa inchieste giornalistiche, così che un comune cittadino possa informarsi. (E magari qualcuno non starebbe adesso a rimpiangere i soldi sperperati.) Invece, quando il maxiprocesso a Scientology viene finalmente affrontato da chi sostiene di aver svolto un "lungo lavoro di indagine", tocca leggere quell'indisponente cumulo di propaganda ingannevole qual è l'articolo di Maffia, e un lazzarone allo stato brado come il sottoscritto deve sgobbare tentando velleitariamente di porvi rimedio. Ma può andare bene 'sto Paese?

A questo punto mi fermo perché capisco che siete esausti e come primo approccio al maxiprocesso può bastare. Al lettore chiedo solo di sospendere il giudizio perché c'è ben altro oltre a ciò che abbiamo fin qui visto.

In chiusura una informazione di servizio: chi segue questo blog si sarà accorto che con l'analisi della relazione di Alessandrini sto palesemente traccheggiando. Ciò è dovuto al fatto che quando di giorno mi occupo del Brunetta degli antisette, poi la notte mi sogno un La Russa furioso. Ma ormai sto esaurendo i motivi per tergiversare, per cui a breve torneremo ad argomenti meno cupi e più divertenti.



Note:

1) 1991 sentenza del Tribunale;
    1993 prima sentenza d'Appello
    1995 prima sentenza di Cassazione
    1996 seconda sentenza d'Appello
    1997 seconda sentenza di Cassazione
    2000 terza (e definitiva) sentenza d'Appello

2) Benché i capi di imputazione siano in tutto 43, la numerazione va da 1 a 45 perché nel dispositivo di rinvio a giudizio due capi, il 5 e il 17, sono stati espunti, ma la numerazione è rimasta invariata.

3) Capo 2: tentata truffa, truffa e circonvenzione; capo 6: truffa e circonvenzione; capo 28: maltrattamenti e abbandono d'incapace. Mi riferisco, ovviamente, alla sentenza definitiva.

4) La consapevolezza da parte dell'imputato di una invalidante infermità mentale della vittima, è stata un requisito indispensabile per emettere le sentenze di condanna, senza la quale la sentenza sarebbe stata assolutoria.

5) Nel suo articolo Maffia parla dei centri Narconon, ma Narconon è uno dei gruppi di facciata di Scientology; cambia l'etichetta ma il prodotto (e chi incassa il denaro) è sempre lo stesso.

6) In merito a quello che potremmo considerare un caso di coscienza, il processo è stato effettivamente chiamato a valutare un caso concreto (capo 44), in cui la condotta degli imputati era indubbiamente qualificabile come sequestro di persona, mentre l'asserita necessità di evitare un danno al sequestrato era molto più opinabile. Benché il tribunale avesse ritenuto sussistente il reato, la Corte d'Appello ravvisò la presenza di una causa di giustificazione (ossia la necessità di salvare il ragazzo da un pericolo alla sua persona) e ha assolto gli imputati (come da richiesta peraltro della Pubblica Accusa).

7) Si veda - tra le tante disposizioni in merito - il Bollettino Internazionale di Management n 7, del 2 febbraio 1983: "deve essere scartata qualsiasi idea che un’org sia lì per qualsiasi altra ragione che vendere e consegnare materiali e servizi al pubblico [...] ricordatevi sempre che: SIETE LÌ PER VENDERE E CONSEGNARE I MATERIALI E I SERVIZI AI CLIENTI [...] Chiunque verrà trovato a non sostenerlo attivamente o a non farlo, non riceverà alcuna pietà".

8) La frase del "T. Co." rivolta al padre è che avrebbe fatto "la fine di tutti quelli che aveva conosciuto lui che si erano posti contro Scientology e, chissà perché, avevano tutti il cancro" (tribunale, pag. 25). Un ex-staff del Narconon, "D. Si", davanti al G.I. testimoniò che in Scientology veniva usualmente "instillato il concetto" che le "persone allontanatesi da Scientology o che ne avevano parlato male, erano cadute malate anche di cancro" (appello, pag. 99).

9) Si noti che questo ingente importo era per il corso di OT3, un grado molto elevato. Stante però le direttive di Hubbard, questa persona non avrebbe neppure potuto ricevere il comune auditing di basso livello, dato che è vietato somministrarlo a chi ha fatto uso di psicofarmaci, oppure a chi è stato in cura da uno psicologo (o psichiatra o psicanalista). Viene quindi da supporre che si sarebbe ripetuto quanto accaduto (tra gli altri) anche alla vittima del capo d'imputazione 15, la quale dopo aver informato di un'infermità che la costringeva ad assumere dei farmaci, venne persuasa a risolvere il suo problema con l'auditing; comprò il relativo pacchetto di ore di auditing (giacché cura tutto), e poi le venne negata la terapia perché chi assume certi farmaci non può ricevere auditing. Sempre per la serie "tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa", a gestire tutta la vicenda fu il già noto "L. Br", all'epoca al vertice della Chiesa di Brescia e attuale portavoce di Scientology Italia Italia nonché ritenuto colpevole - con sentenza confermata in Cassazione - di truffa ai danni di un invalido civile affetto da infermità mentale (vedi appello 1993, pagg. 200-202).

10) "il cieco vede di nuovo, lo storpio cammina, l'ammalato guarisce, il pazzo diventa sano di mente" (L. Ron Hubbard, La Storia dell'Uomo [precedentemente intitolato: What to Audit?])