mercoledì 22 febbraio 2012

Intervista a Maria P. Gardini cap. 1

Considerazioni in merito all'intervista rilasciata da Maria Pia Gardini alla TV svizzera RSI nel 2010.

La prima domanda del giornalista è: "Perché è entrata in Scientology?" La Gardini spiega che non sapendo in quale comunità portare la figlia tossicodipendente che aveva deciso di disintossicarsi, le venne consigliato di portarla al Narconon. Concluso il periodo di disintossicazione, racconta che:

Lei che si è sentita salvata dai libri di Ron Hubbard, ha continuato in Scientology. Fino a che un giorno mi ha telefonato e mi ha detto "Mamma, io non posso più né vederti né parlarti". E dico, perché? Eh, dice, "non sei scientologa". E qui entra in ballo il discorso della disconnessione, o con me o contro di me. "Scusa, cosa devo fare per" dice "vai all’organizzazione di Roma". Io andai all’organizzazione di Roma. Mia figlia era in America. Insomma, entrai sullo staff della Sea Org, il cosiddetto staff di élite, quelli con la divisa da marinaretti e feci tutti i gradi, il cosiddetto Ponte verso la libertà, fino in cima.
È una motivazione a cui nessuno potrebbe sottrarsi. Maria Pia Gardini entrò in Scientology per non perdere contatto con l'unica figlia. Questa sorta di ricatto viene spiegato più dettagliatamente nel "Libro nero delle sette in Italia" (di seguito LNDS), dove si legge "se io, come madre di una scientologa non avessi abbracciato il suo stesso pensiero, sarei stata ripudiata e considerata una nemica di mia figlia, che a sua volta sarebbe stata cacciata". Fu quindi un doppio ricatto: oltre alla minaccia della "disconnessione", anche l'espulsione della figlia dal gruppo.

Ma questo doppio ricatto non ha senso: un gruppo può imporre a un affiliato la disconnessione oppure può espellerlo, non entrambe le cose, perché a una persona che è stata espulsa non è più possibile imporre l'applicazione di un codice interno. Ma a parte questa illogicità, è l'intera storia che non è credibile.

In Scientology il problema della disconnessione esiste ed è molto serio, ma la multinazionale americana non è così ottusa da obbligare i propri adepti a disconnettere da chiunque non sia scientologo. Tanto meno da un genitore facoltoso che con prodigalità paga auditing e corsi. A questo proposito, nel libro "I miei anni in Scientology" (di seguito IMAIS) leggiamo che all'epoca della minacciata disconnessione la figlia era già OT, un livello spirituale molto alto, raggiunto in breve tempo grazie agli assegni firmati dalla madre. A parte chi è dichiaratamente ostile al gruppo, ogni scientologo è libero di mantenere rapporti con tutti, compreso ovviamente chi non è seguace di Hubbard.

Nella realtà, Scientology fa esattamente il contrario di quanto paventato da Maria Pia Gardini. Uno dei primissimi corsi che deve fare ogni nuovo adepto è "Alti e bassi della vita", con il quale Scientology indottrina i propri seguaci a mantenere buoni rapporti con tutte le persone del proprio ambiente, e li esorta - praticamente li obbliga - a risolvere ogni dissapore con familiari, amici e colleghi di lavoro. Va da sé che per appianare un contrasto non è prevista la minaccia di "disconnettere", che tradotto in italiano significa tagliare ogni contatto con qualcuno.

Abbiamo visto che il semplice buon senso ci dice che la minaccia di espulsione della figlia è un'argomentazione insensata. Anche senza conoscere Scientology, è sempre il semplice buon senso a dirci che la storia della minaccia di disconnessione - quale motivo per l'adesione della Gardini a Scientology - è una storia non plausibile. Per assecondare un figlio divenuto, per esempio, fervente cattolico, è comprensibile che un genitore frequenti la parrocchia fingendo devozione. Non però che si faccia prete. Fuor di metafora, per compiacere la figlia la Gardini avrebbe potuto frequentare l'organizzazione di Roma in qualità di public, ossia di fedele. Già entrare nello staff dell'Org di Roma, sarebbe stata un'assurdità per chi non crede in Hubbard. Ma la Gardini fa molto più di questa assurdità. Pochi mesi dopo aver conosciuto Scientology aderisce alla "Sea Organization", la struttura interna di Scientology composta dai membri più devoti e dedicati, una sorta di ordine monastico, arrivando peraltro ad assumere all'interno della chiesa un ruolo ecclesiastico di spicco, al punto che nel LNDS ("Libro nero delle sette in Italia") la Gardini è paragonata a un vescovo della Chiesa cattolica.

Ma a sgombrare il campo da ogni dubbio sull'infondatezza di questa versione, ci pensa chi ha una conoscenza di prima mano della vicenda: Maria Pia Gardini stessa. Nell'affidavit rilasciato nel 2001, dà una descrizione del suo ingresso in Scientology molto più neutra e in linea con l'esperienza di chiunque si è avvicinato al movimento. Spiega la Gardini che "quando mia figlia arrivò ai livelli OT mi convinse ad incontrare alcune persone dell'org di Roma che mi convinsero a fare il rundown di purificazione e a provare l'auditing". In questa versione (di molto precedente all'intervista che stiamo analizzando) manca qualsiasi accenno al meschino ricatto della disconnessione (e alla minaccia di espulsione della figlia). Un mancanza che non può essere dovuta a una qualche forma di riserbo: se ricatto ci fosse stato, non c'era motivo di nasconde un fatto tanto grave in una dichiarazione che ha lo scopo di denunciare la "pericolosità sociale del gruppo" (famiglia cristiana).

Sempre nell'affidavit del 2001 la Gardini racconta inoltre che, dopo aver terminato il rundown di purificazione e alcune sedute di auditing, "alla fine mi sentii meglio. Allora decisi di continuare". Per sua stessa ammissione, fu una sua decisione dettata da un convincimento personale.

Che si sia trattato di libera scelta e non del sottostare a un ricatto, Maria Pia Gardini lo spiega dettagliatamente anche nel LNDS, proprio in quelle stesse pagine dove dichiara che fu costretta a diventare scientologa affinché la figlia non dovesse ripudiarla. Vi si legge infatti che terminato il primo ciclo di auditing, la Gardini dice di "essermi sentita molto meglio e, avendo ritrovato in parte il mio equilibrio, domandai se fosse possibile acquistare ulteriori ore di auditing". Con sorpresa del lettore, la Gardini dichiara che in Scientology "ci stavo a pennello: frequentato da persone dello spettacolo e della mondanità, avevo instaurato ottimi rapporti di amicizia con molti membri". La conclusione è lapidaria: "mi convincevo sempre più che effettivamente quelle sedute qualche beneficio me lo stessero offrendo".

Un'altra cosa che non torna nella storia di Maria Pia Gardini, è il fatto che la minaccia di disconnessione non riguardava la nonna. In "I miei anni in Scientology" (IMAIS) la Gardini racconta che "Fede aveva addirittura provato a far entrare la nonna in Scientology", ma questa aveva un atteggiamento apertamente ostile e critico verso Scientology. Un giorno arrivò perfino a minacciare una denuncia (IMAIS pag 34), ma per la nonna nessuna minaccia di disconnessione. Tutto questo non ha senso.

Volendo a tutti i costi risolvere l'incongruenza tra queste due versioni, ossia l'aver aderito (per 9 anni) a Scientology per il "ricatto della disconnessione" e l'aver aderito perché "mi sentii meglio. Allora decisi di continuare", potremmo forzare il senso delle sue parole e ipotizzare che la Gardini intendesse sostenere che il ricatto l'aveva costretta ad avere un primo contatto con Scientology, e non a rimanere nel gruppo per 9 anni. È però la Gardini stessa a sgombrare il campo da questa ipotesi.

Nel libro "I miei anni in Scientology", racconta che quando terminò il programma per disintossicarsi, la figlia aderì con convinzione a Scientology; poco dopo attestò "Clear" e a quel punto, sempre più entusiasta, chiese alla madre il permesso di andare a Copenhagen per proseguire sui livelli OT. La narrazione così continua:

Fu proprio in quel periodo che, prima quasi scherzando, poi con insistenza sempre maggiore, mi propose di seguirla in Scientology. "Perché non lo fai anche tu? Ti farà bene, mamma". Era sinceramente preoccupata per il mio stato d'umore, le mie malinconie sempre più frequenti. Pochi mesi prima, il 13 marzo 1983, mentre lavoravo a Roma, avevo perso mio padre, una delle persone che hanno contato di più nella mia esistenza.
[...]
In breve, dopo la morte di papà ero entrata in depressione e m'ero lasciata un po' andare. Avevo iniziato a sbevazzare. E così la proposta di Fede, che in un altro contesto esistenziale avrei liquidato con una risata, non mi sembrava da scartare a priori. Non mi pareva assurda. Ero titubante. In casa tenevo ancora quei libri che m'avevano venduto a Pordenone e che ovviamente non avevo ancora sfogliato. E dal cestino dove l'avevo gettato andai a riprendermi "Dianetics" e iniziai a leggere anche "Scientology: una nuova ottica sulla vita", una raccolta di saggi di Ron Hubbard che prometteva "risposte concrete alla vita". E dopo quello altri testi simili. In quel momento era forse ciò che cercavo.
Intanto mi figlia mi fece incontrare alcune donne, membri dello staff di Scientology di Roma. La loro proposta era di iscrivermi a un Purif, cioè un Programma di Purificazione. "Perché non provi, mamma? Ti viene pure un bella pelle. Non può farti che bene", insisteva mia figlia. Pur di non sentirmi ripetere la stessa insistente tiritera, accettai. "Ma sì", mi dissi, "che male mi può fare?"
Nemmeno l'ombra di un ricatto, nessun eroismo materno per contrastare la setta malvagia. Maria Pia Gardini ha aderito a Scientology come ogni altra persona che vi ha aderito prima e dopo di lei: ha fatto alcuni corsi di base, le sono sembrati utili e così ha deciso di proseguire. È la Gardini stessa a dimostrare che l'affermazione secondo cui avrebbe aderito a Scientology per 9 anni a seguito dell'obbligo di "disconnessione" imposto alla figlia è falsa.

(Quello che "non sopporto sono le critiche gratuite e le BUGIE!" ha scritto la Gardini sul forum Exscn)